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Leggere è come pregare

TEXT BY Anna Aprea


Leggere è un gesto di attenzione è di ascolto, è come pregare, occorre trovare lo spazio interiore per accogliere altre voci, farsi scegliere da altre vite, vedere col cuore, radicarsi in altri mondi, accogliere, con ogni fibra del nostro essere, quel viaggio che lega un altro uomo – che sia l’autore di un articolo, di un saggio, di un romanzo – alla vita. Entriamo nella mente di Adriano, nel cuore di un serial killer, di una spia del KGB, di un samurai o di una prostituta. Si tratta di un’esperienza di completezza che definirei carnale perché le storie ci trasformano, diventano sangue, gesto, capacità di sguardo. Leggendo il cuore si accende, gli occhi vedono nuove vie di fuga, i nervi vibrano e siamo così pienamente vivi. In questo senso leggere è vivere, produrre in noi esperienza, creare un rapporto tra la realtà e l’intelligenza, tra l’intelligenza e l’immaginazione. Questo intreccio, che si radica in noi con la stessa intensità di un’esperienze diretta, ci consente di vedere e di sentire con gli occhi degli altri, assimilare l’arte, la scienza, la religione, l’intera cultura. Sillaba dopo sillaba, possiamo entrare in quella meravigliosa mente comune che è la Conoscenza. Cosa possiamo fare per salvare questa esperienza che si chiama leggere? Non servono i saloni del libro, né le applicazioni di augmented reality stampate sulle pagine, né sono utili gli e-book e gli e-reader. Tutto può servire ad aumentare temporaneamente gli acquisti, ma il gusto della lettura, quello proprio no. La lettura è separazione, o meglio, sconnessione. Sì, perché l’unica cosa che possiamo fare per salvare i libri e noi stessi è sconnetterci, fare il vuoto, separarci e accedere a quel culmine sensoriale dentro cui possiamo creare una relazione con le parole. Frastornati di cose da fare, da vedere, da pensare sappiamo ormai soltanto ascoltare le voci del nostro ego, che spinge per affermarsi e dominarci. Il nostro è un mondo ‘distrattivo’: siamo decodificatori di informazioni, e questo ci dà una falsa impressione di conoscenza. Ma la conoscenza è un gesto creativo che comincia da lontano, quando un adulto prende un bambino in braccio e gli dice: C’era una volta…